Abstract
Titolo
Effetti comportamentali e neuroendocrini del pesticida organofosforico clorpirifos: modelli sperimentali di rischio subclinico per la salute neuropsicologica in età evolutiva
 
Autori
Gemma Calamandrei, Aldina Venerosi, Laura Ricceri Reparto di Neurotossicologia e Neuroendocrinologia, Dipartimento di Biologia cellulare e Neuroscienze, Istituto Superiore di Sanità, Viale Regina Elena 299, 00161 Roma
 
Abstract
Il clorpirifos (CPF) è un insetticida organofosforico di largo impiego in agricoltura e per uso domestico. La neurotossicità di questo agente è tradizionalmente associata all’inibizione dell’attività dell’enzima acetilcolinesterasi (AChE), responsabile dell’inattivazione del neurotrasmettitore acetilcolina, sia nel sistema nervoso centrale che periferico. Nel 2001, l’Environmental Protection Agency statunitense ha introdotto forti restrizioni nell’uso del CPF per la potenziale elevata attività neurotossica sull’organismo in via di sviluppo. Uno studio condotto nel 1998 e mirato a determinare le fonti di esposizione ai pesticidi per i soggetti in età evolutiva, ha, infatti, evidenziato che il CPF si accumula in concentrazioni significative sui giocattoli, pavimenti e su altre superfici assorbenti. Questi dati conducono a una stima di esposizione acuta di 365 microg/kg/day per un bambino di età compresa tra i 3 e i 6 anni, ben al disopra del livello di esposizione accettabile stabilito per l’adulto. I numerosi studi sperimentali sugli effetti neuro comportamentali del CPF in roditori di laboratorio hanno mostrato che la neurotossicità neonatale del CPF si verifica per esposizioni a dosi che non producono intossicazione sistemica, e in assenza di inibizione significativa dell’AChE cerebrale. In particolare, a dosi di poco inferiori a quelle che provocano tossicità sistemica, il CPF inibisce la replicazione cellulare, anche e in misura maggiore attraverso meccanismi non mediati dall’effetto sull’AChE. Inoltre, a dosi ancora più basse, il CPF altera numerosi processi cellulari alla base dello sviluppo cerebrale inclusi la sintesi di DNA, la crescita assonale e il sistema dei secondi messaggeri. Questi effetti "sottili", che avvengono in assenza di chiare alterazioni morfologiche, hanno tuttavia ripercussioni a lungo termine sul comportamento: studi sperimentali, condotti esponendo roditori neonati a dosi sub tossiche di CPF (da 1 a 6 mg/kg) riportabili alla presunta esposizione nella specie umana, hanno evidenziato alterazioni comportamentali che compaiono in età giovanile e si estendono nell’età adulta. Le alterazioni più consistenti riguardano l’attività esplorativa, alcune funzioni cognitive, e la risposta a stimoli ambientali significativi. Gli effetti comportamentali si verificano in assenza di alterazioni significative del tradizionale marcatore di effetto del CPF, ossia l’attività dell’enzima AChE, e potrebbero quindi essere associati all’interferenza di questo pesticida in fasi critiche dello sviluppo del SNC con la maturazione di sistemi di neurotrasmettitori diversi dal sistema colinergico, quali quelli mediati dalla serotonina, un neurotrasmettitore implicato nella regolazione dei comportamenti sociali. Dati recenti raccolti nel nostro laboratorio hanno indicato che la somministrazione di CPF, in fase prenatale o neonatale, aumenta i livelli di aggressività intraspecifica tra maschi in topi CD1, mentre modifica le risposte sociali e materne nelle femmine dello stesso ceppo. Sulla base degli effetti comportamentali riscontrati nel modello animale, ovvero effetti sessualmente dimorfici e relativi all’ambito delle competenze sociali e riproduttive, abbiamo ipotizzato che il CPF potesse interferire con alcuni meccanismi neuroendocrini di regolazione del comportamento. In particolare abbiamo evidenziato come l’esposizione perinatale al CPF abbia, nella prole esposta, effetti a lungo termine sia sui livelli di ormoni tiroidei (T3 e T4) che sulla morfologia della tiroide (verificata attraverso parametri istomorfometrici), effetti più marcati nel sesso maschile. E’ possibile che tali effetti siano conseguenti alla condizione di lieve ipotiroidismo riscontrato nelle femmine gravide esposte al CPF nella fase finale della gravidanza. Nello stesso gruppo di animali esposti al CPF nella fase prenatale e/o neonatale sono stati anche misurati all’età adulta i livelli ipotalamici dei neuropeptidi ossitocina, vasopressina e prolattina. L’ossitocina e la vasopressina agiscono da neurotramettitori tra diverse aree del cervello coinvolte nella regolazione dei comportamenti sociali, agonistici e parentali mentre quando vengono rilasciate nella circolazione sanguigna fungono da ormoni regolando diversi processi fisiologici, dalla secrezione di latte nella ghiandola mammaria (ossitocina) alla regolazione dei fluidi corporei (vasopressina). Nei topi esposti in fase perinatale al CPF abbiamo osservato che i livelli ipotalamici di ossitocina erano significativamente aumentati mentre al contrario i livelli di vasopressina diminuivano, in assenza di effetti sui livelli di prolattina. Questi risultati, quindi, dimostrano per la prima volta che il clorpirifos agisce come un interferente endocrino, alterando sia i livelli costitutivi di due neuropeptidi ipotalamici con importanti funzioni ormonali che la funzionalità tiroidea, con potenziali effetti a lungo termine sulla regolazione neuro-endocrina e sullo sviluppo psico-sociale dell’individuo.