Abstract
Titolo
Ginger in gravidanza: un caso clinico
 
Autori
(a)F. Mattioli, (b)E. Fulcheri, (b) M. Rutigliani, (a)A. Martelli (a)Dipartimento di Medicina Interna (Di.M.I.) – Sezione di Farmacologie e Tossicologia Clinica (b)Dipartimento di Discipline Chirurgiche, Morfologiche e Metodologiche (D.I.C.M.I) –Sezione di Anatomia Patologica Università degli Studi di Genova
 
Abstract
Donna di 39 anni, terzigravida (due precedenti gravidanze) con decorso regolare fino alla 35a settimana gestazionale anche se con lieve restrizione di crescita intrauterina (IUGR asimmetrico). Per assenza di movimenti fetali, viene sottoposta ad ecografia in cui viene accertata la morte endouterina del feto. All’anamnesi farmacologica la donna nega qualunque assunzione di farmaci durante tutta la gravidanza ma dichiara assunzione continua e giornaliera di circa 1.5 litri di infuso caldo di ginger grezzo per il trattamento della nausea gravidica. Il riscontro diagnostico evidenzia un feto di sesso femminile a sviluppo corporeo come da 35° settimana senza alterazioni patologiche o malformative scheletriche, epischeletriche o viscerali. La morte endouterina risulta essere avvenuta per asfissia acuta: vengono inoltre riscontrati segni di ipertensione ed eritroblastosi fetale. L’esame istopatologico degli annessi fetali dimostra una placenta sottopeso, immatura e dismatura con modificazioni istoarchitetturali dei villi conseguenti ad ipossia cronica con eritroblastosi fetale, idrope diffusa ed emorragie intervillari multiple. In assenza di conclamate patologie materne o altri fattori di rischio è stato posto il quesito tossicologico in merito alla possibile responsabilità delle elevate concentrazioni di ginger assunte dalla donna nell’indurre l’aborto. Il Ginger riduce l'aggregazione piastrinica è quindi sconsigliata l'associazione con farmaci (anticoagulanti o antiaggreganti piastrinici) che possono influenzare la coagulazione. Studi condotti su animale descrivono diversi effetti cardiovascolari del ginger (vasodilatazione, effetto ipotensivo/ipertensivo, blocco dei canali del Ca++, effetto inotropo positivo). Inoltre è dimostrato che la somministrazione di ginger a ratti femmine durante la gestazione ha effetto teratogeno, riduce il numero di nati per nidiata e interferisce con lo sviluppo dei nati sopravvissuti: essi appaiono più grossi per età gestazionale e con uno sviluppo scheletrico avanzato. La farmacopea ufficiale (REFIT: Repertorio Fitoterapico seconda edizione Ed. OEMF, Milano 1996) controindica l’uso del ginger in gravidanza. Tuttavia studi clinici controllati condotti in donne in gravidanza sembrano dimostrare che il Ginger, assunto durante il primo trimestre di gravidanza, può apportare lievi benefici rispetto al placebo o alla vitamina B6 nel trattamento della nausea e del vomito a fronte di una incidenza di effetti collaterali fetali sovrapponibile alla popolazione non trattata. Secondo la classificazione del rischio teratogeno della Food and Drug Administration, il ginger andrebbe posto nella categoria B o C a seconda che riteniamo sufficienti ed esaurienti gli studi clinici controllati oggi a disposizione. Benché da questi dati non si possa ovviamente trarre alcuna conclusione se non osservare che le dosi assunte dalla donna sembrano assolutamente eccessive, in senso assoluto e relativamente anche al solo carico idrico, intendiamo porre l’accento sul fatto che, poiché è opinione diffusa che le erbe medicinali siano sostanzialmente innocue, spesso vengono assunte senza informarne il medico curante né a maggior ragione il ginecologo. Il nostro suggerimento è perciò che nell’ambito della fitosorveglianza venga posta particolare attenzione al rischio abortivo richiedendo la raccolta di un’anamnesi approfondita e sottolineando l’importanza del riscontro autoptico.