Abstract
Titolo

Ingestione massiva di atenololo: presentazione di due casi clinici senza intossicazione

 
Autori

Stefania Bigi, Valeria Petrolini, Piero Papa (1), Laura Rolandi (1), Davide Lonati, Andrea Giampreti, Sarah Vecchio, Carlo Locatelli

 

Centro Antiveleni di Pavia e Centro Nazionale di Informazione Tossicologica, Servizio di Tossicologia, IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri e Università degli Studi, Pavia (1) Laboratorio di Tossicologia Clinica Analitica; servizio di Analisi Chimico-Cliniche, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia

 
Abstract

Introduzione: A dosi terapeutiche, l’atenololo è un beta-bloccante selettivo per i recettori β1, privo di attività agonistica intrinseca e di attività stabilizzante di membrana, e con bassa liposolubilità. L’emivita è di 5-9 ore e le concentrazioni plasmatiche a dosi terapeutiche sono comprese tra 0,2-1 mcg/ml. Gravi alterazioni emodinamiche e respiratorie sono state descritte in presenza di livelli di atenololo variabili da 5,6 fino a 250 mcg/ml (1,2). Obiettivo: Descrivere due casi di sovradosaggio massivo di atenololo documentato dai livelli plasmatici, in cui i pazienti non hanno avuto manifestazioni cliniche riferibili a intossicazione da beta-bloccante. Caso Clinico 1: Una donna di 43 anni (60 kg) viene portata in Pronto Soccorso 12 ore dopo ingestione di una dose stimata di 5-10 g di atenololo (farmaco non assunto in terapia), promazina 100 mg, lorazepam 10 mg e clonazepam 25 mg. All’ingresso la donna è sveglia e orientata senza segni di insufficienza respiratoria né broncospasmo; l’ECG è normale, la FC 72 bpm e la PA 90/60 mmHg; la glicemia è 92 mg/dl. Viene iniziato il monitoraggio dei parametri cardiaci e viene praticata gastrolusi nel dubbio di un’ingestione più recente. All’ingresso il livello plasmatico di atenololo è 42 mcg/ml. Durante le ore successive la paziente rimane asintomatica con FC 70 bpm e PAS tra 100 e 110 mmHg. Non è stato necessario somministrare alcun trattamento antidotico. I livelli plasmatici di atenololo a 36 e 60 ore dopo l’ingestione sono risultati rispettivamente 9,8 e 0,38 mcg/ml. La paziente viene trasferita al reparto di psichiatria 3 giorni dopo l’accesso in PS. Caso Clinico 2: Un uomo di 57 anni (90 kg) viene portato in PS 20 ore dopo ingestione di una dose stimata di 2.5-5 g di atenololo e 200-400 mg di amlodipina. Il paziente si è inoltre procurato delle ferite da taglio a livello dell’arteria radiale con abbondante perdita ematica. All’ingresso si presenta sveglio, lucido, con PA 90/60 mmHg, FC 45 bpm. Il paziente rifiuta gastrolusi e somministrazione di carbone vegetale attivato, e viene subito portato in sala operatoria per la sutura dell’arteria radiale. Persistendo la bradicardia e l’ipotensione, vengono somministrati dopamina, atropina e liquidi. Nell’arco di alcune ore si evidenzia acidosi metabolica (lattati 7,7). Non è mai stato necessario impostare trattamento con glucagone considerata la risposta clinica alla somministrazione di amine. I livelli plasmatici di atenololo e amlodipina effettuati 24 ore dopo l’ingestione sono risultati rispettivamente 12,3 mcg/ml e 73 ng/ml (terapeutico fino a 25). Il dosaggio di atenololo a 45 ore è risultato di 1,1 mcg/ml. Dal giorno successivo all’accesso in PS è stata sospesa l’infusione di amine e il paziente è sempre stato asintomatico: in terza giornata è stato trasferito in psichiatria. Discussione e Conclusioni: Nei due casi descritti non si sono manifestati sintomi da intossicazione da beta-bloccati nonostante la presenza di elevate concentrazioni plasmatiche di atenololo. La bradicardia e la lieve ipotensione manifestate dal secondo paziente hanno infatti prontamente risposto alla terapia (dopamina, atropina e liquidi) e sono più facilmente imputabili alla co-assunzione di amlodipina e all’emorragia massiva. Ciò conferma i dati di letteratura circa la scarsa correlazione tra i livelli plasmatici dei beta-bloccanti e il loro effetto tossico, la quale è riferibile sia alla variabilità farmacocinetica e farmacodinamica individuale (3), sia alle caratteristiche specifiche delle singole molecole di beta-bloccante. Non essendo facilmente disponibile la determinazione di questi farmaci in urgenza, nella maggior parte dei casi la diagnosi di intossicazione da beta-bloccanti si basa esclusivamente sull’anamnesi e sul quadro clinico. Si ritiene improbabile, ancorché possibile, la comparsa di tossicità ritardata dopo che il paziente è rimasto asintomatico per 6 ore (4). La misurazione delle concentrazioni plasmatiche può pertanto consentire di confermare l’ingestione e fornire un ausilio per pianificare la corretta gestione dei pazienti. Benché i livelli plasmatici di atenololo dei nostri pazienti non si siano rivelati predittivi di tossicità, numerosi casi della letteratura hanno descritto sintomi gravi per concentrazioni molto inferiori. In virtù di ciò, si può ritenere che di fronte ad alti livelli di atenololo plasmatico, sia opportuno un monitoraggio non invasivo del paziente anche asintomatico in un reparto di emergenza fino a normalizzazione dei livelli del farmaco. Bibliografia:1.Montgomery AB et al. Chest 1985; 88:920-921; 2.Hagemann, Dtsch Med Wochenschr. 1986; 111: 1523-1525; 3.Love JN, Am J Emerg Med. 1994; 12:356-357; 4.Love JN, J Emerg Med. 1994; 12(6):799-802