Biomarkers di rischio da consumo di tabacco nella ricerca clinica
Gioacchino Calapai(a), Achille P. Caputi(a,b), Carmen Mannucci(a), Antonella Pieratti(a), Evan O. Gregg(c), Nveed Chaudhary(d), Riccardo Puntoni(c), Frazer Lowe(d), Mike McEwan(d), Antonella Bassi(e), Stefania Morandi(e), Alfredo Nunziata(e)
(a) Dipartimento Clinico e Sperimentale di Medicina e Farmacologia, Università di Messina (b) IRCCS Centro Neurolesi ‘‘Bonino-Pulejo’’, Università di Messina (c) Consulente British American Tobacco GR&D, Southampton, UK (d) British American Tobacco, GR&D, Regents Park Road, Southampton, UK (e) British American Tobacco Italia S.p.A., Via Amsterdam 147, 00144 Roma
La determinazione di indicatori biologici (biomarkers) nell’uomo rende possibile la valutazione quantitativa della effettiva esposizione a sostanze chimiche presenti nel fumo di tabacco e la valutazione del danno che ne risulta. I biomarkers di rischio sono in genere classificati in biomarkers di esposizione e biomarkers di danno potenziale. I biomarkers di esposizione comprendono i dosaggi nei liquidi biologici, nei tessuti o nell’aria espirata di un costituente (o di un suo metabolita) del fumo di tabacco. Sono considerati biomarkers di danno potenziale gli effetti a carico dei tessuti o delle cellule e la rilevazione di modificazioni a livello pre-clinico. La valutazione dei biomarkers di rischio si rivela utile in particolare per misurare nell’uomo la tossicità dei prodotti del tabacco ma è di importanza fondamentale nella valutazione degli effetti dei PREPS (Potentially Reduced Exposure Products), nuovi prodotti potenzialmente in grado di ridurre i danni del tabacco. Essi mirano a ridurre la tossicità del tabacco con strategie diversificate: miscele di tabacco meno dannose; filtri più selettivi; riduzione della temperatura di combustione della sigaretta; diluizione del fumo con aria, o altri prodotti del tabacco non basati sulla combustione. La valutazione del rischio va effettuata mediante la ricerca di biomarkers di rischio correlati alle malattie correlate al fumo del tabacco. La loro identificazione e rilevazione risulta così importante nella diagnosi precoce malattie correlate al fumo che siano di tipo tumorale o che interessino i sistemi cardiovascolare e polmonare. Questo obiettivo si può raggiungere analizzando un pattern di indicatori che include sia gli indicatori di esposizione che di danno potenziale. Nella scelta dei biomarkers è bene tenere presente alcune caratteristiche che insieme li rendono specificamente legati al fumo di tabacco. Essi devono essere: modificati in maniera significativa dal consumo di tabacco; reversibili alla cessazione del fumo; collegati alle condizioni patologiche di maggiore impatto nei fumatori. Le loro modificazioni, per quanto sensibili, possono non necessariamente raggiungere livelli associati a stati patologici, tuttavia esse possono segnalare l’avvio di un processo patologico. L’utilità dei biomarkers è strettamente legata alla loro effettiva validità. Presso il nostro Dipartimento è stato condotto uno studio clinico che ha come obiettivo la valutazione della reversibilità di una serie di biomarkers indicatori del rischio di tipo cardiovascolare, polmonare e tumorale. A questo scopo sono stati reclutati 100 soggetti così suddivisi: 25 non fumatori, 25 ex fumatori (che hanno smesso da almeno 5 anni) e 50 soggetti fumatori in procinto di smettere di fumare e che sono risultati essere ex fumatori dopo il periodo di osservazione. Tutti i soggetti sono stati monitorati per un periodo di sei mesi durante il quale sono state effettuate una serie di indagini cliniche (esami emato-chimici di routine, ECG, spirometria, ecografia delle carotidi, altre indagini biochimiche su composti considerati indicatori di stati patologici fumo-correlati). In particolare è stata valutata la possibilità che le modificazioni dei biomarkers di rischio cardiovascolare, polmonare e tumorale possano essere ridotte o annullate dalla cessazione dal fumo. Questa possibilità è stata investigata sia nel breve periodo (nel gruppo di fumatori che ha attualmente deciso di smettere) che nel lungo periodo (nel gruppo che ha smesso da almeno 5 anni). La utilità dello studio dei biomarkers di rischio è quindi duplice: essi possono misurare la effettiva riduzione della esposizione ai composti tossici del fumo di tabacco ottenibile con i PREPs; possono rappresentare un segnale di allarme precoce che precede lo sviluppo di patologie conclamate.