Abstract
Titolo

Intossicazione acuta da tricloroetilene: descrizione di un caso clinico

 
Autori

A Bertini, F Leoli. M Santini
U.O. Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana

 
Abstract

Riassunto: viene riportato il caso di una donna di 83 anni. Che ha presentato una grave depressione del Sistema Nervoso Centrale a seguito di una intossicazione per ingestione di tricloroetilene (TCE). Il decorso clinico è stato complicato da scompenso cardiaco, metabolico ed insufficienza renale acuta. Viene discussa la tossicità del TCE ed i possibili meccanismi tossici implicati nel nostro caso. Si ipotizza la possibilità di una tossicità cardiaca del TCE che dovrebbe essere considerata nel valutare le varie opzioni terapeutiche. Introduzione: in letteratura sono riportati pochi casi di intossicazione acuta da tricloroetilene (C3 HCL3); questa sostanza, utilizzata in ambiente domestico, nell’industria metalmeccanica e per la pulitura a secco, può essere assorbita sia per via cutanea che inalatoria o digestiva. I danni che vengono riportati dipendono dalla via di penetrazione, dalla quantità e dalla suscettibilità individuale (1). Caso clinico: Una donna, di anni 83, affetta da ipertensione arteriosa, fibrillazione atriale cronica, diabete mellito e sindrome ansioso-depressiva, veniva trasportata al Pronto Soccorso a seguito della comparsa di vomito e diarrea insorti dopo l’ingestione volontaria di circa un bicchiere di trielina. All’ingresso la paziente si presentava febbrile, eupnoica, viglie, collaborante; la PA era 100/70 mmHg, la FC media 80 bpm, la SO2 94%, lo stick glicemico 380 mg/dl; all’esplorazione rettale erano presenti feci liquide frammiste a muco e sangue. Gli esami ematochimici mostravano un quadro di moderata disidratazione, l’ECG una FA normofrequente, l’rx torace era nella norma. La paziente veniva trattata con infusione di cristalloidi, ciprofloxacina, omeprazolo, digitale, furosemide e schema insulinico.Veniva programmato monitoraggio della funzionalità cardiaca, epatica e renale. Dopo circa 12 ore dall’arrivo al PS, la paziente era vigile ma obnubilata, disorientata nel tempo e nello spazio con eloquio rallentato e incomprensibile. L’EGA in aria ambiente mostrava una modesta acidosi metabolica: pH 7,307, pO2 83,1 pCO2 33,3 HCO3 16,3, Anion Gap 21, SO2 93%, mentre la FC media si presentava elevata (140 bpm). Nel tentativo di controllare meglio la FC si aggiungeva alla terapia in corso atenololo ai dosaggi consueti. In seconda giornata si rilevava una netta contrazione della diuresi (500 cc nelle 12 ore), con bilancio idrico positivo e creatininemia di 2,6 mg/dl. Tra la seconda e la terza giornata il quadro neurologico iniziava a deteriorarsi e il GCS raggiungeva il punteggio di 8 senza deficit focali evidenziabili. Veniva eseguita una TC cranio che non rivelava lesioni focali, ma solo ampliamento degli spazi liquorali periencefalici. Nonostante il trattamento la FC media persisteva elevata (130 bpm) ed inoltre iniziavano a presentarsi dei segni di scompenso cardiaco (rantoli bibasilari, FR 40 apm, SO2 90% in aria ambiente, PA 180/100). L’ECG evidenziava variazioni rispetto ai tracciati precedenti con BEV monomorfi e frequenti e sottolivellamento del tratto ST con ST rigido. Queste modificazioni si accompagnavano ad un tipico movimento dei marcatori di danno miocardio. Al nadir: troponina I 0,16 (vn<0,06); mioglobna 346 (vn 66); CK-MB massa 15,3 (vn 6,00). Si sviluppava un franco edema polmonare acuto, mentre persisteva un quadro di importante depressione neurologica (GCS 8). L’ Rx del torace, oltre a evidenziare un edema intertizio-alveolare, mostrava un versamento pleurico basilare a dx.. La paziente veniva trattata con furosemide, amiodarone, infusione di nitroglicerina e O2 terapia con maschera di venturi a FiO2 50%, veniva sospeso l’atenololo. Un esame ecocardiografico mostarva: ventricolo sinistro con ipertrofia concentrica, di volume lievemente aumentato ed FE lievemente ridotta (45%) per ipocinesia diffusa, lieve ipertensione polmonare. Dopo trattamento, si risolveva il quadro di EPA, si registrava una ripresa della diuresi ed un miglioramento della funzionalità renale con la creatinina che si assestava sul valore di 1,6, si riduceva la FC e migliorava il quadro obiettivo polmonare e la SO2. In 6 giornata il GCS era di 12, e gradualmente in 7- 8 giornata tornava al valore di 15. Alla dimissione l’ecocardiografia mostrava un miglioramento della FE (55%) e della cinetica globale , l’ECG alla dimissione mostrava FA con frequenza media di 90 bpm, le alterazioni della ripolarizzazione presenti agli ECG precedenti si erano risolte, l’ EGA era nella norma. Discussione: il tricloroetilene (TCE) è un composto alogenato appartenente agli idrocarburi che per le sue proprietà chimico-fisiche, la volatilità e la lipofilia, viene rapidamente assorbito attraverso le membrane biologiche. Esistono tre tipi di esposizione: orale, inalatoria, cutanea. I primi due sono quelli più comuni nell’uomo. Al contatto con gli epiteli il TCE ha un’azione irritante, ma non caustica. Per via inalatoria ha un assorbimento rapido ed esteso attraverso la membrana alveolo-capillare dovuto ad un alto coefficiente di ripartizione sangue/gas, analogamente, per via orale, supera le mucose gastrointestinali per diffusione passiva . Una volta in circolo, il TCE si distribuisce nei diversi organi e apparati a seconda delle sue proprietà chimiche (lipofilia ed apolarità), e della perfusione dei tessuti. Nel fegato, dove avviene gran parte del metabolismo tramite il citocromo P-450 e il GSH, nei reni e nel cervello, dove riesce a superare la barriera ematoencefalica grazie alle sue proprietà, nel tessuto adiposo, dove può accumularsi ed essere poi rilasciato in un secondo momento determinando una cinetica bifasica con emivita più lunga. L’azione dannosa si ha, nell’inalazione, prevalentemente a livello polmonare, mentre nell’ingestione, prevalentemente negli organi emuntori (rene e fegato) oltre che a livello del SNC. Il TCE con la via del citocromo P-450 da luogo a dei metaboliti tossici quali il cloro idrato (CH), responsabile della tossicità acuta polmonare, il tricloroetanolo (TCOH) e l’acido tricloroacetico (TCA), mentre con la via del GSH produce l’S-(1,2-diclorovinyl)-l-cisteina (DCVC) che ha effetto acuto nefrotossico a livello dei tubuli renali, poi l’acetilato, l’n-acetiyl-s-(1,2-diclorovinyl)-l-cisteina (NaCDCVC) e il mercapturato del TCE, idrosolubile ed escreto per via renale. Il NaCDCVC, il CH, il TCOH e il TCA si possono dosare nelle urine, essendo il primo espressione della via metabolica del GSH e dell’azione tossica renale e gli altri della via del citocromo-P-450, con una concentrazione massima a 36-40 h per il TCA e l’NaCDCVC, ed a 46-63 per il TCOH (2) (3) (4). Nell’uomo si è osservato che l’ingestione orale di circa 70 ml di TCE determina il picco di concentrazione ematica alla 13 h, mentre l’inalazione di circa 100 ppm di TCE ha il suo picco di concentrazione ematica dopo 8-12 ore. L’emivita plasmatica del TCA è di circa 86-99 hr, mentre per il CH e TCOH è di 63-65 hr (2) (5). E’ importante sottolineare che gli effetti tossici del TCE e dei suoi metabolici dipendono anche dalle differenze interindividuali dell’attività dei diversi isotipi enzimatici dei due sistemi detossificanti, Citocromo-P-450 e GSH (2). Nel caso presentato è stato possibile rilevare diversi aspetti della tossicità da TCE, i più interessanti crediamo si siano espressi su sistema nervoso centrale e cardiocircolatorio. La paziente è passata gradualmente da uno stato cosciente, vigile ed orientato ad uno stato neurologico saporoso e rallentato fino ad un GCS di 8. In seguito si è verificata una altrettanto graduale risalita verso un GCS di 15. La scansione temporale con cui ciò è avvenuto corrisponde, in qualche misura, alla farmacocinetica del TCE e dei suoi metaboliti. L’effetto del TCE sul SNC è noto e largamente citato in letteratura e le cause di questo stanno nelle proprietà della sostanza citate precedentemente (5) (6) (7) (8). Gli effetti del TCE sull’apparato cardiovascolare sono invece meno conosciuti. E’ in parte noto che dipendono in larga misura da una ipersensibilizzazione dell’attività miocardica alle catecolamine ed in particolare questo si verifica nell’ingestione (1) (5) (8). Nel nostro caso, in effetti, la paziente con una storia di FA cronica normofrequente ha registrato un’elevata risposta ventricolare che si è rivelata difficilmente controllabile. Si è verificato inoltre uno scompenso ventricolare sinistro acuto che si è accompagnato a modificazioni dell’ECG con segni di sofferenza ischemica oltre che ad un quadro ecocardiografico caratterizzato da una chiara riduzione della cinetica globale nell’ambito di una cardiopatia ipertensiva nota. Queste alterazioni si sono accompagnate alla positivizzazione dei markers di danno miocardico. E’ probabile che vi sia stato un insulto miocardio da ridotta perfusione tissutale dovuto all’elevata frequenza anche perché le anomalie elettrocardiografiche registrate sono regredite parallelamente al controllo della frequenza, così come è migliorata la FE all’ecocardiografia. E’ possibile tuttavia che il deficit della cinetica miocardica possa essere in parte dipeso da un depressione della contrattilità come espressione di un danno tossico diretto. Questa possibilità sembrerebbe suggerita dalla favorevole evoluzione dello scompenso ventricolare sn a seguito della sostituzione del beta bloccante con l’amiodarone. L’azione irritante del TCE sulla mucosa della paziente sembra verosimilmente responsabile del vomito e delle evacuazioni diarroiche (8). Un altro dato clinico da interpretare è lo scompenso diabetico che ha caratterizzato tutto il decorso clinico e che ha richiesto un poderoso trattamento insulinico. E’ possibile che questa quadro, che ha concorso a determinare la criticità del caso, possa essere stato determinato da un effetto del TCE sulla secrezione insulinica (9). Questo scompenso diabetico potrebbe essere stata una concausa nel determinare l’acidosi metabolica con AG aumentato sviluppata dalla paziente, che potrebbe anche essere attribuita ad una compromissione renale oppure alla presenza di metabolici acidi del TCE. Anche la funzione renale, che non risultava alterata in precedenza, si è deteriorata con innalzamento della creatinina, oliguria e concomitante acidosi metabolica con AG aumentato. La diuresi e la creatinina sono migliorate nel giro di qualche giorno senza peraltro normalizzarsi del tutto. Questo dato ci può quindi far ipotizzare che vi sia stato un danno renale, solo in parte reversibile, come espressione di un deficit di perfusione conseguente alla depressione cardiaca, ma è anche verosimile pensare che vi sia stata una tossicità diretta sul tubulo renale (5). Concludiamo rilevando come la gestione clinica di una intossicazione per ingestione da TCE richiede, oltre al controllo dello stato neurologico ed al monitoraggio della funzione epatica, renale e metabolica, un attenta valutazione della funzione cardiaca, soprattutto nei pazienti con cardiopatia organica sottostante. Potrebbe essere opportuno evitare poderose idratazioni e cercare un adeguato controllo della FC possibilmente evitando l’uso di farmaci con spiccato inotropismo negativo. Questo perché, oltre al rischio di una insufficienza renale acuta oligurica da necrosi tubulare, sembrerebbe esistere la possibilità di una depressione della contrattilità cardiaca come espressione di un danno tossico diretto.