Abstract
Titolo

INTOSSICAZIONE DA PARAQUAT: EFFICACIA DEL TRATTAMENTO IN UN CASO DI INGESTIONE ACCIDENTALE

 
Autori

Lonati D (1), Giampreti A (1), Petrolini V (1), Signorelli A (2), Locatelli C (1)
1. Centro Antiveleni di Pavia e Centro Nazionale di Informazione Tossicologica, Servizio di Tossicologia, IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri e Università degli Studi di Pavia www.cavpavia.it 2. Laboratorio di Chimica Tossicologica, Azienda USL n. 3, Catania

 
Abstract

Introduzione: il Paraquat (P) è un erbicida dipiridilico. L’ingestione di P è un evento potenzialmente grave che può richiedere una terapia di decontaminazione gastroenterica tempestiva oltre a trattamento depurativi e farmacologico aggressivi e immediati. Il principale meccanismo di tossicità è caratterizzato dalla formazione, nel parenchima polmonare, di radicali superossidi responsabili di un progressivo e ingravescente sviluppo di fibrosi polmonare. Tra i 218 casi di esposizione a pesticidi giunti all’attenzione del Centro Antiveleni di Pavia in un periodo di 5 mesi durante il 2005, 5 (2,3%) erano dovuti a esposizione a P, di cui 2 ingestioni volontarie ad esito letale. Caso Clinico: un uomo di 46 anni affetto da broncopneumopatia cronica ostruttiva viene portato in Pronto Soccorso 1 ora e 30 minuti dopo ingestione accidentale di circa 80 ml di P al 20%. All’ingresso, il paziente si presenta asintomatico; non lamenta faringodinia, né riferisce alcun episodio di vomito. La pressione arteriosa, la saturazione di ossigeno e l’emogasanalisi risultano nella norma. Viene subito praticata una gastrolusi seguita da somministrazione di carbone vegetale attivato e catartico; successivamente viene iniziata diuresi forzata e somministrazione di N-acetilcisteina (NAC), terra di Fuller, Vitamina C ed E. I dosaggi ematici di P 8 ore dopo l’ingestione rivelano valori molto elevati (1,9 mg/L); sulla base del dato di laboratorio vengono impostate tre sedute di emoperfusione su colonna di carbone (HP) e una terapia pulsata con ciclofosfamide e metilprednisolone. Il P sui campioni ematici ripetuti a 4 e 8 giorni dall’ingestione è risultato indosabile. Le prove di funzionalità respiratoria, l’emogasanalisi e le radiografie del torace effettuate durante la degenza in ospedale vengono ritenute compatibili con la patologia di base del paziente. Il paziente è rimasto asintomatico durante tutto il ricovero ed è stato dimesso 15 giorni dopo l’accesso in PS con terapia domiciliare (desametasone 30 mg/die). I test di funzionalità respiratoria, epatica e l’emogasanalisi ripetuti settimanalmente per i primi 3 mesi sono sempre risultati negativi. La radiografia del torace a 3 e 6 mesi è risultata nella norma. Conclusioni: l’intossicazione da P è spesso associata a un decorso clinico drammatico e non è disponibile attualmente un trattamento antidotico specifico. L’emoperfusione su colonna di carbone può ridurre i livelli plasmatici di P, mentre NAC, antiossidanti e corticosteroidi, specialmente se combinati con ciclofosfamide, possono risultare efficaci nella prevenzione del danno ossidativo e della fibrosi polmonare. Nel nostro caso, i livelli plasmatici del paziente erano correlati a una percentuale di mortalità pari circa all’80-90% [1]; la diagnosi precoce, la tempestiva decontaminazione, e trattamenti farmacologici e depurativi immediati possono aver giocato un ruolo determinante nella evoluzione clinica favorevole dell’intossicazione.
Bibliografia: [1] Proudfoot et al Lancet, 1979.