Andamento dei livelli di PCDD, PCDF e PCB-dl in allevamenti bufalini della regione Campania.
Mauro Esposito(1), Francesco Paolo Serpe (1), Pasquale Gallo (1), Luigi Serpe (1), Stefania Cavallo(2), Rosa D’Ambrosio(2), Germana Colarusso(2), Giuseppe Iovane(3), Loredana Baldi(2). (1) Dipartimento di Chimica, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno – Portici – Napoli; (2) O.R.S.A. Osservatorio Regionale Sicurezza Alimentare - Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno – Portici – Napoli; (3) Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno – Portici - Napoli
Le diossine e i policlorobifenili (PCB) fanno parte del gruppo di dodici sostanze definite POPs che la Convenzione di Stoccolma ha deciso di mettere al bando. Le diossine, che si originano principalmente in seguito a fenomeni di combustione, comprendono policlorodibenzo-p-diossine (PCDD) e policlorodibenzofurani (PCDF). In funzione del numero di atomi di cloro e delle posizioni che essi occupano sugli anelli aromatici, danno luogo a 75 congeneri di PCDD e 135 congeneri di PCDF. Tra tutti i congeneri di PCDD e PCDF, 17 sono considerati di rilevanza tossicologica per i danni che possono provocare a carico del sistema riproduttivo e del sistema immunitario, oltre ad essere stati indicati come agenti cancerogeni. I PCB, invece, sono prodotti industriali per i quali la produzione intensa fino agli anni settanta ha provocato una diffusione estesa nell’ambiente; anche per questi composti è stata descritta una tossicità capace di indurre disfunzioni endocrine e riproduttive, in particolare per quelli diossina-simili (PCB-dl) che assumono una conformazione tale da poter interagire con il recettore bersaglio delle diossine. Il problema della contaminazione da diossine nelle produzioni zootecniche in Campania, in particolare nel comparto bufalino, ha indotto l’allora Ministero della Salute a predisporre in collaborazione con la Regione Campania un Piano straordinario di controllo ufficiale, approvato poi dalla Commissione Europea. Nel mese di aprile 2008 presso caseifici campani riconosciuti (bollo CEE) sono stati prelevati 387 campioni di latte di bufala. Lo scopo era quello di verificare la reale entità e localizzazione del fenomeno, individuando i singoli allevamenti conferenti latte contenente diossine in concentrazioni superiori a quelle consentite. Le analisi effettuate hanno permesso di rivelare 102 allevamenti potenzialmente contaminati sui quali è stato disposto il sequestro e l’esecuzione di ulteriori controlli. Analisi successive hanno consentito alle autorità sanitarie di identificare le aziende effettivamente contaminate, all’interno delle quali, contestualmente al prelievo di latte, è stato effettuato anche il prelievo di alimenti a uso zootecnico. Tale prelievo si è reso necessario poiché è noto il suo ruolo come vettore della diffusione della contaminazione tra l’ambiente e la catena trofica. Le aziende contaminate sono state sottoposte successivamente ad un ricampionamento periodico allo scopo di monitorarne l’andamento dei livelli di contaminazione. Per queste aziende la variazione del grado di contaminazione nel tempo ha dimostrato come il cambio di alimentazione ha contribuito alla diminuzione del livelli di PCDD/F, fino al loro rientro nei tenori ammessi dalla legislazione vigente per la commercializzazione e trasformazione del latte. Al fine di individuare l’origine della contaminazione, si sta conducendo un’analisi sulla distribuzione dei 17 congeneri di PCDD/F; tali profili, infatti, possono essere usati per stabilire eventuali correlazioni tra la matrice oggetto di studio e le probabili fonti di contaminazione. In letteratura sono riportati profili di distribuzione per diverse fonti, in particolare quelli relativi a processi termici quali inceneritori industriali o combustione incontrollata di rifiuti che sono stati riconosciuti tra le principali fonti di emissione di PCDD/F.