Abstract
Titolo
I COLORI DELLA FRUTTA E VERDURA COME STRATEGIA CHEMIOPREVENTIVA: MODULAZIONE DI ENZIMI DEL DRUG-METABOLISM ED ANTIOSSIDANTI NEL MODELLO ANIMALE
 
Autori
Bonamassa B. 1, Canistro D. 1, Longo V. 2, Messina A. 3, Lubrano V. 3, Sapone A. 1, Pozzetti L. 1, Andreotti C. 4, Costa G. 4, Biagi GL. 1, Paolini M. 1. 1 Dipartimento di Farmacologia, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, Via Irnerio 48 – 40126 Bologna; 2 Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria-U.O. Pisa, CNR, Via Moruzzi 1 - 56124 Pisa; 3 Istituto di Fisiologia Clinica, CNR, via Moruzzi, 1- 56124 Pisa; 4 Dipartimento di Colture Arboree, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, Viale Fanin 46 - 40127 Bologna, Italia.
 
Abstract
L’associazione inversa tra il regolare consumo di frutta e verdura ed il rischio di sviluppare neoplasie ha portato alla diffusione di programmi di educazione alimentare volti a promuovere il controllo del cancro attraverso il consumo di un’ampia varietà di frutta e verdura in toto. Fra questi, uno dei più famosi è il 5 a day for a better health, attraverso il quale, dal 1991, il National Cancer Institute (NCI) raccomanda l’assunzione giornaliera di almeno una porzione di frutta o verdura per ognuno dei cinque gruppi di colore in cui i vegetali sono suddivisi (viola, verde, giallo, rosso e bianco). Tali programmi assumono oggi una maggiore rilevanza alla luce dell’esito negativo di numerosi trials clinici e studi epidemiologici condotti in ambito chemiopreventivo con "mono-diete" (generalmente consumate in relazione all’elevato contenuto di specifici phytochemicals nel nutrimento prescelto) o singoli composti fitochimici. Scopo del lavoro è stato quello di simulare nel ratto (maschio Sprague-Dawley) gli effetti del programma alimentare sponsorizzato dal NCI, rispetto alle diete mono-colore, in termini di modulazione (inattivazione degli enzimi di fase-I e induzione di quelli di fase-II, una delle più evocate strategie chemiopreventive) del metabolismo epatico degli xenobiotici e dei principali enzimi antiossidanti. Secondo la Società Italiana della Nutrizione Umana (SINU), per un uomo di 70 kg, una porzione di frutta, ortaggi o verdura a foglia corrisponde a 150 g, 250 g e 50 g, rispettivamente. Proporzionalmente, gli animali hanno ricevuto giornalmente per 10 giorni consecutivi, sotto forma di liofilizzato, l’equivalente di una porzione di cipolla, pomodoro, pesca, uva nera o lattuga – rispettivamente per la mono-dieta del colore bianco, rosso, giallo, viola e verde – oppure il corrispondente di cinque porzioni di frutta o verdura, costituite da una porzione per ognuno dei 5 suddetti vegetali (dieta 5 a day). Le frazioni microsomiale e citosolica epatiche sono state impiegate per la determinazione di monoossigenasi CYP-dipendenti, dei principali enzimi post-ossidativi e antiossidanti. Sono stati inoltre analizzati alcuni parametri ematochimici. Le supplementazioni considerate hanno determinato un complesso pattern di inattivazione enzimatica a carico del sistema monoossigenasico, particolarmente marcata per la dieta 5 a day (fino al 60% di riduzione, p-nitrofenolo idrossilasi-CYP2E1, P<0.01) e della lattuga (fino al 44%, pentossiresorufina O-dealchilasi-CYP2B1/2, P<0.01). L’utilizzo del testosterone come multibioprobe ha confermato la significativa riduzione riscontrata con i singoli substrati. Scarsa, se non del tutto assente, la modulazione a carico degli enzimi di fase-II, fatta eccezione per l’induzione generata dalla dieta del pomodoro sull’UDP-glucuroniltrasferasi (55%, P<0.01). Fra gli enzimi antiossidanti saggiati, la DT-diaforasi è la sola attività a risentire marcatamente della supplementazione 5 a day e della lattuga, con un incremento del 141% e del 171% (P<0.01), rispettivamente. I parametri ematochimici determinati ricadono all’interno degli intervelli di riferimento per la specie considerata. Il marcato effetto di inattivazione degli enzimi di fase-I, sebbene non accompagnato da un’induzione di quelli di fase-II, dovuto a migliaia di composti fitochimici presenti nella dieta varia 5 a day, renderebbe quest’ultima, in termini di teoria chemiopreventiva classica, la migliore strategia di controllo del cancro rispetto alle diete mono-colore, che determinano invece una modulazione di più lieve entità. E’ tuttavia necessario considerare i risultati ottenuti anche alla luce delle numerose e complesse funzioni degli enzimi del drug metabolism (e di quelli antiossidanti) che verrebbero inevitabilmente alterate. Una manipolazione della loro attività non può quindi che essere associata ad un aumento del rischio tossicologico nell’individuo sano, eventualmente esacerbato da polimorfismi metabolici. Sulla base di tali considerazioni, sembra pertanto che finanche l’adozione dei regimi alimentari da sempre considerati i più salutari, come quello vegetarianio o vegano, sia da ritenersi non poco azzardata. Non è casuale infatti come la più recente letteratura stia fortemente ridimensionando l’associazione inversa tra consumo di frutta e verdura e il rischio di cancro, promuovendo, invece, l’assunzione di vegetali solo come un (importantissimo) tassello di una dieta che, per essere salutare, deve essere completa, moderatamente calorica e povera di grassi.