Abstract
Titolo
L’accertamento dell’abuso alcolico
 
Autori
Antonella Argo1 e Federica Bortolotti2 1Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Legale, Sezione di Medicina Legale, Università di Palermo 2Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica, Sezione di Medicina Legale, Università di Verona
 
Abstract
Nella diagnosi di abuso alcolico l’oggettività della medesima rappresenta un requisito essenziale in ambito clinico, ma soprattutto medico legale. Tuttavia, se nel caso di intossicazione alcolica acuta, la semplice determinazione della concentrazione alcolica del sangue fornisce un dato oggettivo e non contestabile, nel caso di abuso alcolico cronico, fino a tempi recenti, si è fatto riferimento a marker indiretti di danno d’organo (quali gli enzimi epatici), la cui specificità diagnostica è tuttavia troppo modesta per un impiego tossicologico forense. La prospettiva diagnostica si è comunque progressivamente ampliata ed oggi fa affidamento su nuovi markers. Gli studi si sono concentrati in particolar modo sulla CDT (Carbohydrate-Deficient Transferrin), un gruppo di isoforme minori della transferrina (Tf) (della quale, nel soggetto normale, rappresentano soltanto il 2%) con un grado di glicosilazione inferiore rispetto alle isoforme più rappresentate, e, più recentemente, su Etil-glucuronide (EtG) ed Etil-Solfato (EtS), che, essendo metaboliti diretti dell’etanolo, sembrano dotati di spiccata specificità diagnostica. Diversi studi scientifici hanno dimostrato come un consumo "eccessivo" e prolungato di alcool (da 60 a 80 grammi al giorno, per almeno una settimana), consumo che già potrebbe equivalere all’abuso nella generale accezione clinica, comporti un aumento delle frazioni disialo-, monosialo- e asialo-Tf, che costituiscono la CDT, senza che vari tuttavia la concentrazione sierica totale della transferrina stessa. Tale incremento, sulla base di una vasto corpo di letteratura, è risultato strettamente e specificamente correlato con l’abuso alcolico [1]. E’ stato inoltre proposto l’uso associato di CDT e gamma-GT [2]. E’stato dimostrato infatti che CDT e gamma-GT, pur con finestre diagnostiche diverse, hanno efficacia sostanzialmente comparabile, comunque superiore rispetto a quella delle transaminasi, con una maggiore specificità della CDT nell’evidenziare soggetti bevitori a consumo intermedio (40-80 g/die) o alto (> 80 g/die). Al fine di valutare le prospettive medico-legali circa l’uso della CDT quale marker di abuso cronico da alcool, una specifica Commissione instituita presso il Gruppo Tossicologi Forensi Italiani (documento approvato nel novembre 2007), è intervenuta al fine di standardizzare i criteri di campionamento, conservazione ed analisi in tale settore della diagnostica di laboratorio, così da garantire risultati scientificamente forniti del necessario rigore scientifico ed imparzialità, quale preludio necessario all’ulteriore discussione inerente la possibile predittività del dato di laboratorio ed il valore clinico dello stesso dato. [1] F. Bortolotti, G. De Paoli, F. Tagliaro. Carbohydrate-deficient transferrin (CDT) as a marker of alcohol abuse: A critical review of the literature 2001-2005. J Chromatogr B 841, 96-109 (2006). [2] K.M. Conigrave, L.J. Degenhardt, J.B. Whitfield, et al. CDT, GGT, and AST as markers of alcohol use: the WHO/ ISBRA collaborative project. Alcohol Clin Exp Res 26, 332–339 (2002).