Abstract
Titolo
DIIDROARTEMISININA (DHA) IN GRAVIDANZA: INTEGRAZIONE DEI DATI OTTENUTI NELL’ANIMALE E NELL’UOMO PER VALUTARNE RISCHI E BENEFICI
 
Autori
S. Zanoncelli 1, M. Longo 1, P. Colombo 1, M. Brughera 1, G. Mazuè 2, P. Olliaro 3,4 1 Accelera, Nerviano Medical Sciences S.r.l., Viale Pasteur 10, 20014 Nerviano, Milano, Italia 2 Independent consultant, Aux Fermes de Bosne, F 39230 Mantry, France 3 UNICEF/UNDP/World Bank/WHO Special Programme on Research and Training in Tropical Diseases (TDR), Geneva, Switzerland 4 Centre for Tropical Medicine and Vaccinology, Churchill Hospital, University of Oxford, UK
 
Abstract
L’infezione da malaria durante la gravidanza è uno dei principali problemi sanitari nelle regioni tropicali e sub-tropicali del mondo con gravi effetti sia sulla madre che sul feto. I derivati dell’artemisinina sono farmaci antimalarici clinicamente efficaci ma controindicati nel primo trimestre di gravidanza in quanto studi preclinici hanno evidenziato embrioletalità ed embriotossicità. Per questo motivo l’Organizzazione Mondiale della Sanità tiene costantemente monitorati sia i nuovi dati sperimentali e clinici sia i dati di farmacovigilanza relativi all’embriotossicità dei derivati dell’artemisinina. I dati disponibili fino al 2002 hanno dimostrato come i derivati dell’artemisinina fossero embrioletali nel ratto e nel coniglio, tuttavia tali informazioni non erano sufficienti per determinare il meccanismo di embriotossicità e permettere quindi un’estrapolazione del rischio per l’uomo. Negli ultimi anni sono stati fatti progressi significativi verso la comprensione dei meccanismi di tossicità embrionale, soprattutto grazie al lavoro di due laboratori indipendenti (NMS, Italia e GSK, Stati Uniti) che hanno utilizzato una combinazione di esperimenti in vitro (colture di embrioni di ratto post-impianto, coltura dell’embrione di Xenopus e colture di eritrociti) ed in vivo (studi convenzionali e non). Le evidenze sperimentali ottenute possono essere così riassunte: nel ratto il periodo di sensibilità degli embrioni al trattamento con derivati dell’artemisinina è limitato, dal 9° al 14° giorno di gestazione (GD). Il meccanismo primario di embriotossicità nel ratto è dato da una marcata diminuzione dei globuli rossi primitivi, cellule metabolicamente attive prodotte per un breve periodo di tempo dal sacco vitellino. L’anemia così generata nell’embrione porta ad un’ipossia dei tessuti con conseguente morte cellulare che, a seconda della localizzazione e della gravità, può causare la morte dell’embrione o la sua sopravvivenza con o senza alterazioni. Le malformazioni più comuni sono quelle a carico dell’apparato cardiovascolare (anomalie dei grossi vasi) o degli arti (accorciamento o curvatura delle ossa lunghe). L’embriotossicità non è specie-specifica ed è stata vista in tutte le specie utilizzate e con lo stesso target: i globuli rossi primitivi. In particolare i mitocondri sembrano essere il sito di azione così come nel Plasmodio, suggerendo una relazione tra attività ed embriotossicità. I dati provenienti da diversi esperimenti sono tra loro consistenti e sono in grado di fornire informazioni significative per chiarire i rischi associati all’uso di artemisinine durante la gravidanza. Informazioni provenienti dalla farmacovigilanza non hanno però mai evidenziato malformazioni nell’uomo, anche nel caso di utilizzo accidentale nel primo trimestre. Ciò non esclude totalmente un danno a carico dei globuli rossi embrionali ma suggerisce che, se presente, questo danno potrebbe essere lieve e non in grado di indurre le alterazioni morfologiche viste nell’animale. Il periodo di sensibilità e la durata dell’esposizione giocano un ruolo fondamentale nella valutazione della rilevanza per l’uomo dei dati ottenuti nell’animale in quanto variano enormemente da specie a specie. Il periodo di sensibilità (produzione clonale di globuli rossi nei siti primitivi di ematopoiesi) è di circa 4 giorni nella rana (24-96 h dopo fecondazione) 5 giorni nel ratto (GD 9-14) e circa 4 settimane nell’uomo (2°-6° settimana di gestazione). Considerando che i derivati dell’artemisinina vengono rapidamente eliminati dall’organismo (emivita <1 h) e che quando sono associati ad un altro antimalarico dall’emivita più lunga l’intero trattamento prevede solo 3 giorni di terapia, si capisce l’estrema importanza della correlazione tra periodo sensibile, durata del trattamento e possibili effetti sull’embrione. Lavoro sperimentale preclinico unito ad un’efficace farmacovigilanza sono quindi fondamentali per comprendere a fondo rischi e benefici provenienti dall’uso dei derivati dell’artemisinina in durante la gravidanza.