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ABSTRACT

Title

Antiossidanti, mutazioni, aspettativa di vita e cancro: una relazione complessa

 
Authors
P. Dolara

Dipartimento di Farmacologia Preclinica e Clinica, Università di Firenze
 
Abstract
L'idea che l'invecchiamento sia il risultato del danno da radicali liberi accumulato nelle  macromolecole cellulari ha avuto origine più di 50 anni fa (Harman, J Gerontology 11: 298–300, 1956) ed è stata oggetto di innumerevoli studi.  Grande rilevanza hanno avuto in questo settore i lavori di Bruce Ames, che dimostrano l’intima connessione tra danno ossidativo e invecchiamento. Un lavoro fondamentale del suo gruppo, chiaramente dimostrava che topi, ratti, scimmie e uomini hanno tassi metabolici corrispondenti al livello di danno ossidativo del  DNA che sono correlati con ladurata della vita (Adelman et al., Proc Natl Acad Sci, USA, 85(8):2706-8,1988). Queste osservazioni iniziali hanno stimolato un grande sforzo di ricerca sui meccanismi di base del processo di invecchiamento, alimentato anche dalla speranza di scoprire composti naturali o farmaci in grado di diminuire il danno ossidativo, aumentando così la durata della vita. Le applicazioni di una scoperta in questo settore erano enormi, anche considerando che il danno ossidativo è implicato nei meccanismi di cancerogenesi  e può  causare mutazioni   che -se  localizzate  in geni appropriati– possono  portare a neoplasie.  Sulla base di dati epidemiologici e  sperimentali Peto, Doll e altri (Nature, 19;290(5803):201-8,1981) suggerirono che il beta-carotene e i carotenoidi potessero avere  effetti anti-cancerogenici e proposero studi umani controllati con questi composti. Nei decenni successivi innumerevoli trial clinici sono stati portati a termine utilizzando carotenoidi e altri antiossidanti. L’end-point utilizzato era spesso l’incidenza di forme specifiche di cancro, ma data la lunghezza e il costo degli studi, altri parametri  biochimici (ad esempio il danno al DNA o la perossidazione lipidica o altri indicatori dello stato generale di salute) sono stati valutati in itinere.  Il complesso di questi studi, svoltesi in un arco di trent’anni, mostra un effetto sfavorevole o, nella migliore delle ipotesi, un effetto nullo, sulla mortalità e sull'incidenza di cancro (beta-carotene, alfa-tocoferolo, vitamina E, multivitaminici e minerali). Solo per il  selenio  esistono evidenze di un effetto protettivo in alcuni gruppi di popolazione. E 'difficile non essere delusi da questa enorme mole di lavoro, che ha coinvolto centinaia di migliaia di pazienti con costi di ricerca enormi. Le spiegazioni di questi risultati negativi possono essere molteplici (inconsistenza dell’ipotesi di fondo che connette il danno ossidativo alla cancerogenesi o alla sopravvivenza a livello di cellula e/o di organismo, dosaggio eccessivo degli antiossidanti in popolazioni già ipernutrite, scelta impropria di composti, somministrazione di principi attivi singoli e non di alimenti complessi). La passione per gli antiossidanti non sembra comunque in fase di esaurimento, visto che nel 2011 più di 1700 studi clinici sono registrati nel sito Pubmed. Ci auguriamo che gli agenti adesso in fase di studio abbiano più successo rispetto al passato, ma maggiori informazioni sui meccanismi di azione e sul dosaggio efficace degli antiossidanti in sistemi sperimentali sembrano indispensabili per migliorare le probabilità di utili applicazioni di nuovi composti. Gli sforzi per trovare la pillola dell'eterna giovinezza hanno quindi prodotto risultati non convincenti. Milioni di persone ingeriscono antiossidanti, convinti di migliorare il loro stato di salute e di aumentare le probabilità di sopravvivenza. Spesso i supplementi sono consumati a mega-dosi e hanno un effetto sicuramente dannoso. A nostro parere rità sanitarie dovrebbero intervenire per scoraggiare queste pratiche.