ABSTRACT
Centro Antiveleni di Bergamo - Ospedali Riuniti, Bergamo
Introduzione: Il latte materno rappresenta l’alimento ideale per il neonato in quanto altamente tollerato e digeribile, fornisce i nutrienti indispensabili per le prime fasi dello sviluppo, protegge il bambino contro le infezioni e favorisce lo sviluppo intestinale; riduce inoltre il rischio di allergie, diabete, obesità e favorisce il rapporto psico-affettivo madre/bambino. Il puerperio rappresenta un momento di particolare fragilità per la donna, data la possibilità di comparsa di disturbi dell’umore di gravità variabile (dal maternity blues, alla depressione post-partum che interessa il 5-20% delle donne, alla psicosi puerperale), che possono porre un serio problema sia per la madre che per lo sviluppo psico-affettivo del bambino, e che implicano nei casi gravi il rischio di infanticidio (circa 1/50.000) o di suicidio (secondo l’OMS il suicidio nel post-partum rappresenta la seconda causa di morte materna nei paesi industrializzati - WHO press, 2009). Essendo la terapia farmacologica indispensabile, di fronte al dubbio se continuare o sospendere l’allattamento al seno, prevale nel medico la seconda opzione; per contro non è infrequente che la donna motivata ad allattare decida autonomamente di non assumere i farmaci prescritti .
La terapia con psicofarmaci durante l’allattamento risulta pertanto essere, in base all’esperienza del Servizio di Informazione sull’uso di Farmaci in Gravidanza e Allattamento (TIS) del Centro Antiveleni (CAV) di Bergamo, una delle problematiche più importanti.
Discussione: In passato la necessità psicofarmaci nel post-partum rappresentava una controindicazione assoluta all’allattamento al seno. Studi di farmacocinetica hanno successivamente messo in evidenza come il rischio di eventi avversi nel lattante fosse nettamente inferiore a quanto ipotizzato. L’escrezione di farmaco nel latte dipende da numerose variabili: dose, via di assunzione, biodisponibilità, peso molecolare, grado di ionizzazione, liposolubilità, volume di distribuzione, legame proteico, emivita. È possibile trarre indicazioni sulla compatibilità del farmaco in allattamento mediante: 1) la stima del rapporto latte/plasma (concentrazioni del famaco nel latte e nel plasma materno): se > 1 significa che il farmaco tende ad accumularsi nel latte, se < 1 che tende a passare in basse quantità; 2) la dose relativa materna, espressa come rapporto tra la dose assoluta assunta dal lattante (assunzione di latte stimata 0,15 L/Kg/die) e la dose/kg assunta dalla madre: se < 10% significa che il farmaco è compatibile con l’allattamento, se < 1% significa che l’escrezione è del tutto trascurabile; 3) la dose relativa pediatrica, espressa come rapporto tra la dose assoluta assunta dal lattante e la dose che assumerebbe se fosse trattato con quel farmaco.
Inoltre si deve tenere presente che i neonati sono più vulnerabili ai potenziali effetti tossici del farmaco a causa dell’immaturità degli organi detossificanti (fegato e rene), dell’immaturità della barriera emato-encefalica e del sistema nervoso centrale in via di sviluppo.
Infine i dati della letteratura possono apparire contrastanti, a causa delle diverse metodologie usate e dei possibili bias che i data-base quali Lact Med, AAP, WHO-Breastfeeding and Maternal Medication possono dare a volte indicazioni contrastanti, che devono essere vagliate anche con l’esperienza individuale di ogni Centro di Informazione sul Farmaco in Gravidanza e Allattamento
Esperienza del TIS di Bergamo
Dall’analisi dei dati del TIS di Bergamo, nell’anno 2011 sono pervenute 12358 richieste di consulenza sull’uso di farmaci in gravidanza e allattamento, di cui 6422 riguardavano il solo allattamento e 706 i soli psicofarmaci (11%) rappresentati nella maggior parte dei casi (43%) dagli antidepressivi. In base alle caratteristiche di farmacocinetica ed ai dati della letteratura, gli antidepressivi sono risultati essere compatibili con l’allattamento nel 60% dei casi.