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ABSTRACT

Title

Celenterati Cnidari come modello per lo studio di tossicità da metalli pesanti
 

 
Authors
A. Marino1, R. Morabito2, M. Campolo3, E. Esposito3, S. Cuzzocrea3, G. La Spada1.

1Dipartimento di Scienze della Vita “M. Malpighi” Sezione di Fisiologia gen. e Farmacologia; 2Dipartimento di Scienze Cognitive, Università di Messina; 3Dipartimento Clinico-Sperimentale di Medicina e Farmacologia Università di Messina
 
Abstract

La fisiologia del nematocita cellula tipica di Celenterati cnidari, s’inquadra in un’ampio studio, che ha messo in evidenza la capacità di questa cellula così primitiva ma altamente specializzata di confermarsi un buon modello biologico per diversi tipi di studi. La caratteristica più peculiare del nematocita è quella di secernere durante la fase di differenziamento cellulare un organoide citoplasmatico, la nematocisti che in seguito ad uno stimolo chimico-fisico adeguato espleta uno dei più affascinanti fenomeni biologici definito scarica che consiste in una rapida estroflessione del tubulo in esse contenuto che si espleta in soli 3 msec con un’accelerazione pari a 40000g. La nematocisti occupa la gran parte del volume cellulare, relegando il citoplasma a un sottile strato. Nell’ambito di numerosi studi condotti nel nostro gruppo, è stato dimostrato che il nematocita, al pari di cellule di organismi superiori, è capace di regolare il proprio volume cellulare in condizioni di iposmoticità esibendo pertanto RVD, Regulatory Volume Decrease, risposta omeostatica essenziale per la sopravvivenza di tutte le cellule e mediata da attivazione di conduttanze ioniche Ca2+-modulate. La presenza nelle acque di sostanze tossiche come i metalli pesanti potrebbe alterare questo tipo di risposta, che pertanto viene qui considerata come modello per lo studio di tossicità. Le principali attività umane quali l’agricoltura intensiva, la produzione di energia, la crescita industriale e le attività di trasporto, hanno provocato delle gravi alterazioni ambientali con l’emissione nella biosfera di composti inquinanti come i metalli pesanti. L’effetto tossico indotto da queste sostanze costituisce un argomento scientifico interessante per l’identificazione dei meccanismi con cui si producono danni a livello di cellule e tessuti. A tal fine sono stati condotti studi sullo Scifozoo Pelagia noctiluca presente nello Stretto di Messina. In particolare si è voluto indagare l’effetto di metalli pesanti quali CdSO4, LaCl2, CoCl2, sulla scarica di nematociti in situ, che è mediata dall’attivazione di chemo-cettori e meccano-cettori, e sulla capacità di regolazione volumetrica. Per quanto attiene il primo aspetto, la scarica in situ è stata indotta da stimolazione meccanica non vibratile mediante sonda di gelatina, in presenza di sostanza notoriamente attivatrici della scarica, quali il glutammato. Dai risultati emerge che il meccanismo della scarica, fenomeno Ca2+-dipendente, è inibito da metalli pesanti che potrebbero bloccare l’influsso dello ione Ca2+ all’interno delle cellule. L’effetto inibitorio è espletato in misura significativa da Cd2+, Co2+, La3+ e non da Zn2+ e Cr3+. Per quanto attiene il secondo aspetto, si è voluto verificare se i metalli pesanti alterano la capacità del nematocita di regolare il proprio volume. I risultati ottenuti mettono in evidenza che metalli pesanti, quali Co2+ a concentrazioni comprese tra 100 e 25 μM, in seguito a stress iposmotico pari al 35%, inibiscono i meccanismi di RVD con caratteristiche di dose-dipendenza. D’altra parte, in nematociti trattati con La2+ (50 e 25 mM) e sottoposti a shock iposmotico la fase osmotica era completamente inibita, probabilmente a seguito di inibizione di acquaporine coinvolte in tale risposta.
Pertanto la scarica e la regolazione volumetrica possono essere considerati biomarkers che indicano il grado di sofferenza dell’animale in un ambiente acquatico inquinato.