ABSTRACT
1. UOC Anestesia e Rianimazione, Ospedale Buccheri La Ferla FBF, Palermo
L’intossicazione acuta da acido valproico (avp) può causare disturbi gastrointestinali, vari gradi di depressione del sistema nervoso centrale (confusione, disorientamento, ottundimento del sensorio, coma con insufficienza respiratoria), alterazione della funzionalità epatica (ipertransaminasi, riduzione dell’attività protrombinica,), iperammoniemia con encefalopatia, ipocalcemia e ipenatriemia. La miosi e il quadro clinico possono simulare l’intossicazione da oppiacei. Nei casi più gravi l’intossicazione da avp può portare all’arresto cardiaco e quindi alla morte principalmente correlata all’ipossia.
Il trattamento prevede il sostegno delle funzioni vitali, la lavanda gastrica con carbone attivo. Le tecniche depurative extrarenali si sono rilevate efficaci poiché nel sovradosaggio di avp la saturazione dei siti di legame proteico, rende il farmaco disponibile alla rimozione. Tuttavia vi è ancora una limitata esperienza circa l’efficacia dell’emodiafiltrazione nell’overdose acuta da acido valproico.
Riportiamo un caso in cui la tecnica di emodiafiltrazione è stata utilizzata con successo.
Una ragazza di anni quattordici giunge al pronto soccorso del nostro ospedale in stato soporoso per intossicazione da ingestione volontaria a scopo suicida di 50cpr di depakin 200 circa sei ore prima dell’arrivo. La ragazza presentava un’anamnesi patologica remota negativa; mentre era positiva l’anamnesi familiare per malattie neuropsichiatriche (la madre sofferente di una grave forma di sindrome ansiosa depressiva). La ragazza fu trovata cosciente in casa ma divenne rapidamente soporosa in ospedale. Era lievemente ipotesa (<90/50 mmHg), bradicardica (<60 bpm) e bradipnoica (< 12 atti/min). Il trattamento medico era già iniziato al pronto soccorso con lavanda gastrica, somministrazione di carbone attivo e catarsi salina. Per il rapido approfondimento dello stato di coscienza (GCS = 8) e per il peggioramento degli scambi EGA la ragazza fu intubata per via ototracheale e ventilata artificialmente, posizionato un catetere venoso centrale in vena giugulare interna DX, ed eseguiti esami di laboratorio routinari e dosati i livelli serici di avp. L’elevata concentrazione di avp(326 ug/ml), la gravità della sintomatologia neurologica, la riduzione dell’attività protrombinica e l’ipertransaminasemia, motivarono l’avvio di una seduta di emodiafiltrazione venovenosa continua (CVVHDF) circa sei ore dopo l’arrivo della Paz in terapia intensiva (macchina tipo PrismaFlex con filtro per alti flussi (M100) e con valori impostati di emoflitrato 1500 ml/h, dialisato 500 ml/h, pompa sangue 100 ml/h).
Fu somministrato inoltre un bolo di n-acetil carnitina (4 gr in SNG) dopo la dialisi per contrastare gli effetti tossici del farmaco sul fegato e l’iperammoniemia. L’alterazione coagulativa trattata con la somministrazione di konakion e protromplex. Dopo otto ore di seduta dialitica il dosaggio di avpera 94 ug/ml
Il giorno dopo la Paz fu estubata con successo. Infine, fu continuata la terapia con n-acetil carnitina fino al rientro nella norma dei valori dell’ammoniemia e dei parametri epatici; eccetto che per una crisi di opistotono (in 2° giornata) trattata con benzodiazepine, la ragazza ha mostrato pieno recupero delle funzioni neurologiche ed epatiche.
Tra le tecniche di depurazione extrarenale la CVVHDF è una metodica meglio tollerata emodinamicamente nei pazienti instabili come quelli in terapia intensiva. La scelta è obbligata dalla mancanza nel nostro ospedale di un servizio di dialisi; la metodica si dimostrata efficace poiché la concentrazione serica di avpsi è ridotta del 75% in circa otto ore determinando un rapido miglioramento delle condizioni cliniche e consentendo una più rapida estubazione della Paz che fu in pochi giorni dimessa a domicilio.