ABSTRACT
Title
Potenziale genotossico del particolato fine ottenuto dalla combustione della legna
Authors
L. Marabini, R. Calò
Dipartimento di Farmacologia, Chemioterapia e Tossicologia medica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano
Dipartimento di Farmacologia, Chemioterapia e Tossicologia medica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano
Abstract
Un importante contributo all’inquinamento atmosferico, in termini di liberazione di materiale particolato (PM), è dato dalla combustione di biomassa per la produzione di calore ed energia.
Le caratteristiche del particolato sono, infatti, fortemente determinate dalla sorgente di emissione e il PM atmosferico non può essere considerato un inquinante uniforme ma una combinazione di particelle di composizione chimica e caratteristiche fisiche eterogenee.
Scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare in vitro “l’impatto” di estratti di campioni di particolato emessi dopo la combustione di materiale pellet di abete e di faggio in un sistema sperimentale di stufa; le valutazioni sono state condotte utilizzando una linea cellulare A549, derivante da adenocarcinoma polmonare, che possiede le caratteristiche dell’epitelio alveolare di tipo II umano e che rappresenterebbe il tessuto maggiormente esposto alle particelle inalate.
In particolare è stato valutato il danno genotossico (mediante comet test e micronucleo) correlato con dati di vitalità cellulare dopo esposizione di 24 h a varie concentrazioni di particolato ottenuto dalle due biomasse legnose.
Sia i campioni di particolato derivanti dalla combustione dei pellet abete che quelli derivanti dal faggio non determinano citotossicità fino alle concentrazioni di 100 µg/ml ed in generale si osserva un danno genotossico di lieve entità , nella valutazione del micronucleo a carico dei campioni abete e del comet test per i campioni faggio.
In generale si può affermare che la tossicità in vitro del particolato derivante dalla combustione dei pellet è meno rilevante e accompagnata da una scarsa capacità di produrre specie reattive dell’ossigeno (ROS), se confrontata con quella evidenziata in colture esposte al particolato atmosferico completo.
Questi dati sono supportati dal fatto che gli estratti testati evidenziano una minor concentrazione di metalli di transizione, possibile causa del danno ossidativo al DNA e che il profilo di emissione di dispositivi ad alta efficienza di combustione, come può essere la nostra stufa, è proprio caratterizzata da una ridotta presenza di composti potenzialmente dannosi come i composti policiclici aromatici.
Le caratteristiche del particolato sono, infatti, fortemente determinate dalla sorgente di emissione e il PM atmosferico non può essere considerato un inquinante uniforme ma una combinazione di particelle di composizione chimica e caratteristiche fisiche eterogenee.
Scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare in vitro “l’impatto” di estratti di campioni di particolato emessi dopo la combustione di materiale pellet di abete e di faggio in un sistema sperimentale di stufa; le valutazioni sono state condotte utilizzando una linea cellulare A549, derivante da adenocarcinoma polmonare, che possiede le caratteristiche dell’epitelio alveolare di tipo II umano e che rappresenterebbe il tessuto maggiormente esposto alle particelle inalate.
In particolare è stato valutato il danno genotossico (mediante comet test e micronucleo) correlato con dati di vitalità cellulare dopo esposizione di 24 h a varie concentrazioni di particolato ottenuto dalle due biomasse legnose.
Sia i campioni di particolato derivanti dalla combustione dei pellet abete che quelli derivanti dal faggio non determinano citotossicità fino alle concentrazioni di 100 µg/ml ed in generale si osserva un danno genotossico di lieve entità , nella valutazione del micronucleo a carico dei campioni abete e del comet test per i campioni faggio.
In generale si può affermare che la tossicità in vitro del particolato derivante dalla combustione dei pellet è meno rilevante e accompagnata da una scarsa capacità di produrre specie reattive dell’ossigeno (ROS), se confrontata con quella evidenziata in colture esposte al particolato atmosferico completo.
Questi dati sono supportati dal fatto che gli estratti testati evidenziano una minor concentrazione di metalli di transizione, possibile causa del danno ossidativo al DNA e che il profilo di emissione di dispositivi ad alta efficienza di combustione, come può essere la nostra stufa, è proprio caratterizzata da una ridotta presenza di composti potenzialmente dannosi come i composti policiclici aromatici.