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ABSTRACT

Title
Direttiva Europea 2010/63 e sperimentazione pre-clinica, progresso o involuzione?
 
Authors

G. Polichetti1, A. Nunziata2, A. De Sio3.
 
1) Università degli Studi di Napoli "Federico II", Dipartimento di Neuroscienze; via S. Pansini 5, 80131 Napoli, Italia; 2)Consulente, Via Mar Nero, 31 00040 Pomezia, Italia; 3) Università degli Studi di Salerno, Dipartimento Scienze Politiche, Sociali e della Comunicazione, via Ponte Don Melillo, 84084 Fisciano (SA), Italia.
 

 
Abstract

In un ambito scientifico quale è quello della sperimentazione preclinica, dove si cercano soluzioni sempre più avanzate e precise per operare una ricerca mirata che riduca al minimo l’utilizzo di animali (cui ricorrere solo in estrema ratio) ci sembra che la Direttiva Europea (DE) 2010/63 invece di inserirsi tra le soluzioni innovative di sostegno alla ricerca riporti la stessa nel passato,sia in termini tecnici che etici.
Riteniamo,infatti,che la DE presenti numerosi punti critici e contraddittori e che in realtà non faccia altro che deregolamentare ulteriormente ed incrementare l’utilizzo degli animali nei laboratori.
In un passaggio della DE si legge “L’atteggiamento nei confronti degli animali dipende anche dalla percezione nazionale e in taluni Stati membri vi è l’esigenza di mantenere norme in materia di benessere degli animali più ampie di quelle approvate a livello dell’UE”.Noi riteniamo che non si possa lasciare all’arbitrarietà dei singoli Stati la scelta etica delle procedure da utilizzare sugli animali durante le sperimentazioni,al contrario si dovrebbero utilizzare per tutti le norme appartenenti allo Stato meno cruento. Riteniamo in aggiunta che ciò andrebbe fatto anche per garantire una maggiore uniformità dei dati scientifici.
In un altro passaggio della DE si legge “I metodi selezionati dovrebbero usare il minor numero possibile di animali per fornire risultati affidabili e ricorrere all’uso di specie con la minore capacità di provare dolore,angoscia,sofferenza o danno prolungato..”. Noi domandiamo come sia possibile stabilire con certezza quali siano le specie che provano meno dolore o sofferenza.
Sempre nella stessa DE si legge “Occorre assicurare che l’uso di animali non costituisca una minaccia per la biodiversità. Pertanto,l’uso di specie minacciate dovrebbe essere limitato al minimo indispensabile”.Anche in questo caso riteniamo assurdo che,sotto il profilo scientifico,si possa rendere “indispensabile” alla sperimentazione l’uso di una specie minacciata e che non vi sia altra soluzione praticabile; se anche ciò fosse vero, la DE dovrebbe riportare la dicitura:l’uso di specie minacciate “deve” (non “dovrebbe”) essere limitato al minimo indispensabile.
In fine vorremmo porre l’accento sul passaggio più discusso della DE e che nell’ultimo anno ha avuto una rilevante eco nell’opinione pubblica della maggior parte degli stati membri, ed in particolare nei paesi più sensibili al benessere animale;esso riguarda l’uso di animali randagi e selvatici nella sperimentazione pre-clinica.Fermo restando che per la metodologia scientifica l’utilizzo di tali animali non ha assolutamente alcuna valenza (prove di efficacia,tossicità, cancerogenesi,teratogenesi etc non avrebbero attendibilità) e che la legge sembra scoraggiarne l’impiego, appare evidente come il divieto non sia posto come vincolante e possa essere di fatto facilmente aggirato, soprattutto nei casi in cui vi sia una bassa sensibilità nazionale (carenza di leggi sulla caccia, cattura e detenzione di fauna selvatica, e sulla tutela degli animali d’affezione) ed un possibile indotto economico che ruota attorno al loro utilizzo.
In conclusione noi riteniamo che il progresso non possa reggersi su metodologie di ricerca basate soprattutto su sacrificio e sofferenza di altre specie viventi. É vero che l’attuale ricerca pre-clinica che prevede l’uso di animali sembra l’unica strada percorribile, ma è anche vero che non si stanziano mai fondi per fare ricerca e trovare metodi alternativi che ne prevedano l’esclusione. Inoltre riteniamo che l’Italia,uno dei paesi più sensibili e all’avanguardia in materia di tutela animale, debba sentire come obbligo la non adesione ad una legge peggiorativa di quella precedentemente in vigore,ma soprattutto debba porsi come modello per l’Europa affinché le nuove proposte di legge siano ancora più tutelanti per la vita animale.