ABSTRACT
1 Centro Antiveleni, A.O. Niguarda Ca’ Granda, Milano
2 Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione dellaSalute, Istituto Superiore di Sanità, Roma
Introduzione. Il latte materno è una ineguagliabile fonte di nutrienti essenziali e di sostanze immunologiche per il bambino; per questo motivo l’OMS raccomanda l’allattamento esclusivo al seno per i primi 6 mesi e possibilmente anche fino ai due anni di vita del bambino. Nel caso in cui la donna abbia la necessità di assumere un farmaco, per una patologia acuta o cronica, mentre sta allattando, è importante garantire alla madre il migliore trattamento cercando di non privare il figlio del latte materno. In questa particolare circostanza, la valutazione del rischio/beneficio della terapia può essere complessa, sia per la scarsa documentazione scientifica disponibile per la maggior parte dei farmaci, sia perché sono contemporaneamente coinvolti un soggetto sano (il lattante) ed uno malato (la donna che allatta). Si è cercato di evidenziare le situazioni di maggior criticità che caratterizzano questo evento attraverso l’analisi della casistica del Centro Antiveleni di Milano (CAV).
Materiali e metodi. Le consulenze relative all’ uso dei farmaci in allattamento non sono state codificate in modo omogeneo; l’estrazione dei dati ha permesso di identificare solo un numero limitato dei casi osservati tra lo 01/01/2009 ed il 30/06/2011. Un questionario ad hoc e’ somministrato in un’intervista ad alcune delle donne coinvolte. Il criterio di selezione è stata la disponibilità di un recapito telefonico e la reperibilità dell’utente.
Risultati. Nel periodo considerato sono state identificate 301 richieste di consulenza. Il 33% (n= 99) proveniva dalla regione Lombardia, il 67% (n=202) da altre regioni. La chiamata originava da un privato nel 42% dei casi (n= 127), da un medico ospedaliero nel 26% (n=78), extraospedaliero nell’1% (n=29); la fonte era non nota in 67 casi.
Sono state intervistate 25 donne, di età compresa tra 22 e 45 anni (età media: 33 anni ) che stavano allattando in modo esclusivo (n= 14), complementare (n=10) o predominante (n=1). La richiesta riguardava la ripresa d’uso di un farmaco per una patologia cronica precedente alla gravidanza (n=6) o all’uso di un farmaco per una patologia acuta (n= 19). Nel 68% dei casi (n=17) il consulto è stato chiesto prima di assumere il farmaco, nel 32% (n=8) dopo. La donna chiamava il CAV per indicazione del medico prescrivente, che delegava alla paziente il compito di verificare la compatibilità della terapia con l’allattamento (n=14), per conferma della prescrizione (n=7), per impossibilità a reperire il proprio medico (n=3) o perché lo riteneva non competente (n=1). Prima di contattare il CAV l’84% (n=21) delle donne aveva già consultato un medico: uno solo nel 40% dei casi (n=10), due nel 44% (n= 11).
Il follow up ha rivelato che tutte le donne hanno proseguito l’allattamento: il 68% ( n=17) ha assunto il farmaco, l’8% (n=2 ) non lo ha assunto, il 24% (n=6) lo ha sostituito ( in due casi con un prodotto naturale). Il 52% (n= 13) delle madri erano laureate.
Discussione e conclusioni Lo studio, pur essendo stato svolto su un campione limitato, ha evidenziato alcune problematiche di rilievo. Le donne che allattano e devono assumere un farmaco sono spesso costrette a consultare più specialisti, talvolta ricevendo informazioni e pareri discordanti che rendono difficile una scelta serena e consapevole. La decisione terapeutica richiede, oltre alla conoscenza delle caratteristiche farmacocinetiche della molecola implicata e della gestione dell’allattamento materno, un’ analisi caso per caso del rischio/beneficio per la madre e per il lattante. Nei casi in cui siano disponibili diverse opzioni terapeutiche per la patologia osservata, il confronto diretto con lo specialista del CAV può aiutare il medico curante a scegliere la miglior cura per la paziente che consenta anche l’alimentazione ottimale del lattante.