ABSTRACT
1 Centro Antiveleni, A.O. Niguarda Ca’ Granda, Milano
Introduzione. Il superamento delle barriereagli scambi economici e culturali, che caratterizza l’era globalizzata, ha portato ad un più frequente e diretto confronto tra soggetti di diverse etnie, sia per spostamenti temporanei sia per migrazioni stabili. Nel nostro Paese il 7,5% della popolazione residente è straniera; le diverse Comunità presenti tendono a mantenere le proprie tradizioni, spesso curandosi con medicinali provenienti dal proprio Paese di origine. L’apertura dei mercati ha reso necessario armonizzare la produzione e commercializzazione delle sostanze farmaceutiche, ma la composizione, le indicazioni terapeutiche ed il costo dei medicinali possono variare enormemente nei vari Paesi; anche per questo motivo la ricerca di terapie a basso costo oltre frontiera è un fenomeno emergente e diffuso. Si è, quindi, voluto indagare su eventuali criticità legate all’uso di medicinali esteri in Italia attraverso l’analisi dei dati raccolti dal Centro Antiveleni di Milano (CAV).
Materiali e metodi.La ricerca è stata condotta retrospettivamente, analizzando le richieste di consulenza inerenti a farmaci pervenute al CAV nel periodo 01/01/2008-31/12/2010; tra queste sono state considerate quelle relative a medicinali esteri; a causa della difficile codifica di questi agenti, i dati ottenuti devono essere intesi per difetto. L’identificazione dei pazienti stranieri è stata fatta in base ai dati anagrafici registrati.
Risultati. Nel periodo considerato, su un totale di 60.224 consulenze relative a farmaci, 523 (0,87 %) coinvolgevano medicinali esteri. Il 12% (n=64) erano richieste di informazioni per l’identificazione degli ingredienti o del corrispettivo italiano, l’88% (n= 459) casi clinici.
I soggetti coinvolti erano di nazionalità straniera nel 57%(n=298) dei casi, italiana nel 17% (n=90), non nota nel 26% (n=135) dei casi. L’età dei pazienti risultava compresa tra 1 mese e 92 anni, con due picchi di distribuzione nelle fasce di età 20-29 anni (n=113;21%) e 1-4 anni (n=106;22%). Al momento della chiamata 267(56%) pazienti presentavano sintomi;l’osservazione ospedaliera veniva consigliata in 405 casi (88%). Sono stati identificati 445 (85%) farmaci dei quali 423 (80%) classificabili per ATC: s.nervoso centrale, 42% (n=179); s. cardiovascolare, 53% (n= 53); tratto alimentare 11% (n= 45); app. muscolo scheletrico 8% (n=35), app. respiratorio 8% (n= 34).Il 35% (n=156) dei medicinali era costituito da più ingredienti, principalmente associazioni di fenobarbital (n=49; 9,5%) e paracetamolo (n=36;7%). In alcuni casi al medicinale coinvolto non corrispondeva una specialità italiana di uguale formulazione. Tra queste il Distonocalm (n= 34), specialità dell’Est europeo a base di fenobarbital, propanololo, atropina, ergotamina. In farmaci era presente destropropossifene, non ammesso in Italia.
Discussione e conclusioni. Il consumo e la diffusione dei medicinali esteri in Italia, in assenza di strumenti di rilevazione epidemiologica specifici, appare difficilmente valutabile. I dati raccolti dal CAV appaiono inadeguati per rappresentare le dimensioni del fenomeno, ma mettono in luce alcuni aspetti di interesse clinico e tossicologico. Si evidenzia la difficile identificazione degli ingredienti quando l’etichetta è in lingua straniera o ad uno stesso nome commerciale corrispondono formulazioni diverse (ad es: Tenox: amlodipina vs tenoxicam vs temazepam). Emerge la presenza di medicinali con formulazioni non in uso nel nostro Paese, la cui valutazione farmacologica e tossicologica può essere difficoltosa e per i quali dovrebbe essere considerata l’appropriatezza d’uso. L’utilizzo di medicinali esteri potrebbe essere motivato, sia per i soggetti italiani sia per quelli stranieri, dal costo talvolta notevolmente inferiore rispetto a quello delle corrispettive formulazioni vendute in Italia.