ABSTRACT
1Centro Antiveleni di Milano; 2Univ. Degli studi dell’Insubria- Dip.Scienza e Alta Tecnologia; 3D.F. DGSAN-Ministero della Salute
Al CAV di Milano, ogni anno nella stagione autunnale, pervengono circa 1.000 richieste di consulenze telefoniche, riguardanti intossicazioni da funghi che coinvolgono più commensali, questo dato non rispecchia la reale entità del problema, che resta per la maggior parte sommersa.
Dal 2000 al 2010 al Centro Antiveleni di Milano sono pervenute 8.952 richieste di consulenza per intossicazione da funghi, 7.408 sono stati casi clinici, spesso, la singola consulenza sottendeva la presenza di più commensali, non conteggiati. Tutti hanno presentato sintomatologia gastroenterica tale da richiedere l’intervento di un sanitario (Tab. 1).
Le manifestazioni cliniche, associate all’ingestione di funghi velenosi o non commestibili, sono varie e in rapporto con la specie fungina implicata; anche l’ingestione di funghi considerati eduli (Chiodino, Porcino, ecc.), di solito consumati crudi o in quantità elevate, può determinare gastroenteriti che richiedono l’intervento medico.
Lo schema del periodo di latenza dei sintomi, in caso di ingestione di funghi non controllati, può aiutare ad inquadrare il problema, si presume che una latenza da 30 minuti a 6 ore dall’ingestione non comporti danni d’organo di particolare gravità; una latenza maggiore alle 6 ore è da considerare potenzialmente pericolosa e può determinare un’alta incidenza di mortalità. Però la contemporanea ingestione di specie fungine diverse, comporta la presenza di manifestazioni cliniche miste e una breve latenza può mascherarne una più lunga.
In 1.984 casi i pazienti hanno presentato manifestazioni cliniche gastrointestinali con una latenza superiore alle 6 ore dall’ingestione (vomito, diarrea e grave disidratazione), il che ha fatto sospettare un’intossicazione da funghi contenenti amatossine. Questi pazienti sono stati trattati con l’attuale protocollo che prevede: decontaminazione (gastrolusi, carbone ripetuto) e diuresi forzata, fino all’accertamento della diagnosi.
I decessi registrati in questo gruppo sono stati 26 e 11 i trapiantati, questi erano pazienti anziani e/o trattati tardivamente, mentre tutti gli altri sono stati dimessi dopo, circa 7 giorni dall’ingresso in ospedale.
Dal 2006 al 20010 i riconoscimenti certi d’intossicazioni da amatossine, o per riconoscimento micologico e/o amanitina urinaria positiva, o per quadro clinico sviluppato, sono stati 205 con 15 decessi (7%) e 5 trapianti (Ta. 2).
4.545 richieste di consulenza si riferivano a brevi latenze (<6 ore), in questi casi c’è stata la dimissione dopo circa 2 giorni di ricovero ospedaliero.
La dicitura altro si riferisce a 879 casi clinici, in cui la sintomatologia, comparsa dopo l’ingestione di funghi, era attribuibile ad altri fattori (intolleranze alimentari, tossinfezioni o botulino). Purtroppo, non sempre la rilevazione delle specie fungine coinvolte è documentata e/o documentabile (spesso non è disponibile un micologo per la valutazione dei campioni biologici e dei residui freschi di funghi).
In uno studio del CAV di Milano nel 2006, l’esame micologico è stato effettuato solo nel 35,5% dei casi ed è stato possibile determinare con esattezza la specie coinvolta solo in alcuni casi (tab. 2).
Dalla tabella 2 si rileva che in 192 casi, il pasto a base di funghi è stato consumato presso un pubblico esercizio (8 pazienti intossicati da amatossine).
Dalla statistica del Centro Antiveleni di Milano, si intuisce quanto importante sia il problema delle intossicazioni fungine, resta ancora un potenziale rischio, soprattutto per le persone anziane e i bambini, anche se negli ultimi anni la percentuale di decessi è scesa da 15 al 7%. E’ di fondamentale importanza che il clinico riconosca con tempestività i diversi quadri sintomatici (ancor prima del riconoscimento micologico e degli esiti degli esami bio-umorali): la tempestività del trattamento è il reale “salvavita” in caso di intossicazioni da amatossine.