ABSTRACT
M Aloise, VM Petrolini, D Flachi, G Tasso, S Vecchio, D Lonati, A Giampreti, F Chiara, CA Locatelli, C Rognoni, L Manzo
Centro Antiveleni di Pavia, IRCCS Fondazione Maugeri e Università degli Studi di Pavia
Il monossido di carbonio (CO) è la causa più frequente di intossicazione accidentale nei paesi industrializzati. Le fonti sono spesso dispositivi difettosi o non idonei utilizzati per riscaldare ambienti domestici. Indisponibilità di mezzi e sottovalutazione del pericolo possono aumentare il rischio di intossicazione. Negli ultimi anni la quantità di cittadini di origine straniera intossicati da CO è aumentata.
OBIETTIVO: Valutare la distribuzione delle intossicazione di CO tra la popolazione di origine italiana e quella immigrata per valutare le eventuali differenze tra i due gruppi.
METODI: Analisi retrospettiva dei casi gestiti dal Centro Antiveleni di Pavia nel biennio 2010-2011 di intossicazione da CO accidentale e accertata. Sono stati valutati i dati relativi al paziente,tra cui la sua origine geografica, la fonte di esposizione, il quadro clinico e il trattamento effettuato.La gravità clinica è stata definita in base al grading in 4 classi riconosciuto dalle società scientifiche di medicina d’urgenza e medicina iperbarica (1-4 dalla più lieve alla più grave). Il confronto tra gruppi è stato effettuato con il test del chi-quadrato e il test di Mann-Whitney.
RISULTATI: Sono stati inclusi 618 casi di intossicazione di CO accertata, di cui 283 (45.79%) pazienti di origine straniera (gruppo A) e 279 (45,14%) pazienti di origine italiana (gruppo B); per 56 casi (9.06%) non è stato possibile evincere il dato dalla revisione delle cartelle cliniche. Il rapporto maschi e femmine è risultato 0.76 nell’intera casistica, senza significative differenze tra i due gruppi (rispettivamente 0.70 e 0.83). L’età media è risultata 24.6 (DS 24.3) nel gruppo A e 40.2 (DS 17.8) nel gruppo B (p< 0.0001). Tra i 21 pazienti di età superiore a 80 anni, uno solo era di origine straniera, mentre tra i 40 bambini di età inferiore a 3 anni, 33 erano di origine straniera. Il 91 % del gruppo A e l’84% del gruppo B sono stati coinvolti in intossicazioni multiple (p=0.018). Tra le fonti di esposizione, quelle maggiormente riscontrate sono state impianti di riscaldamento difettosi (26,4% gruppo A, 73,6% gruppo B), stufe (60.5% gruppo A; 39.5% gruppo B) e bracieri (68.67% gruppo A, 31.32% gruppo B). Nella casistica sono presenti 16 pazienti in gravidanza (9 gruppo A, 4 gruppo B, 3 di origine non nota). Tra i pazienti per i quali è stato possibile definire la classe di gravità, il 20.5% aveva intossicazione di grado 1, il 29,12% di grado 2, il 23.62% di grado 3 e il 26% di grado 4. Quattro pazienti erano deceduti. Non è stata riscontrata una distribuzione significativa del livello di gravità tra i due gruppi. Il trattamento in camera iperbarica è stato effettuato in 418 pazienti (68% dell’intera casistica); di questi 186 (44.5%) erano del gruppo A, 191 (45,7%) del gruppo B e 41 di origine non nota.
DISCUSSIONE: La percentuale di pazienti intossicati di origine straniera è elevata se rapportata alla quantità totale di cittadini immigrati residenti. Questo gruppo di pazienti ha un’età media più bassa ed è più spesso coinvolto in intossicazioni multiple. Le intossicazioni da CO che coinvolgono i cittadini immigrati sono causate frequentemente da uso di mezzi di riscaldamento impropri (es. bracieri), gli intossicati di origine italiana sono più spesso coinvolti per malfunzionamento di impianti a norma. Il rischio di intossicazione da CO è quindi più elevato nella popolazione immigrata anche se la natura retrospettiva della nostra analisi non ci consente di rapportare questo rischio al grado di integrazione o alle condizioni socio-economiche. La frequente presenza di barriere linguistiche richiede un adattamento degli strumenti valutativi usualmente utilizzati per l’inquadramento clinico/anamnestico sia nella fase acuta che nella valutazione delle sequele a lungo termine, nei bambini come negli adulti.