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ABSTRACT

Title
Sopravvivenza e tossicità di cianobatteri in sistemi che simulano l’apparato digerente umano: possibile esposizione cronica a cianotossine – un’ipotesi per la SLA
 
Authors
M. Stefanelli, S. Scardala, E. Testai, E. Funari, S. Vichi, M. Manganelli

Istituto Superiore di Sanità, Dip. Ambiente e connessa Prevenzione Primaria, Roma.
 
Abstract

Molti dei pazienti di SLA sono affetti da una forma sporadica, la cui causa è ancora sconosciuta. E' probabile che questa sia il risultato di una complessa interazione gene-ambiente e il fatto che sia stata osservata un'elevata incidenza della patologia nella popolazione di calciatori e giocatori di football, contadini e allevatori, ha suggerito, fra varie ipotesi, la possibilità che ci sia un legame tra SLA ed esposizione a cianobatteri, un gruppo di microrganismi fotosintetici ubiquitari, la cui densità negli ambienti acquatici è aumentata significativamente in seguito al pesante impatto antropico, e ad alcuni loro metaboliti secondari (cianotossine), con proprietà epatotossiche e/o neurotossiche. L’ipotesi che lega i cianobatteri alla SLA ha la sua origine nella associazione tra l’ingestione attraverso la dieta di beta-N-metilammino-L-alanina (BMAA), un amminoacido ramificato prodotto da molte specie di cianobatteri che ha mostrato alcune evidenze di attività neurotossica e l’alta incidenza del complesso SLA/Demenza di Parkinson riportata nell’isola di Guam. L’ipotesi più generale di associazione tra cianobatteri e SLA è stata elaborata partendo dall’osservazione che, sebbene i cianobatteri siano fotoautotrofi obbligati, alcune specie possono crescere come eterotrofi nel suolo, nelle piante e negli ambienti acquatici. Inlinea con le osservazioni epidemiologiche l’ipotesi suggerisce che soggetti geneticamente e/o immunologicamente più suscettibili tra le popolazioni colpite possano venir colonizzati da cianobatteri presenti nei campi di calcio irrigati con acqua infestata da fioriture cianobatteriche, fornendo così una produzione di cianotossine lenta e duratura nel tempo. Tra queste, la BMAA non rappresenterebbe l’unico agente causale, dal momento che alcune cianotossine, inclusi alcuni congeneri di microcistine (MC), hanno per se un effetto neurotossico, e, inibendo la SOD (implicata nel meccanismo di eziopatogenesi della SLA), potrebbero agire con effetti additivi e/o sinergici e contribuire all’insorgere della patologia.
Per verificare la plausibilità dell’ipotesi di colonizzazione, sono stati condotti alcuni esperimenti sulla sopravvivenza e tossicità di un ceppo axenico di Microcystis aeruginosa (PCC7806), una delle specie tossiche più diffusa nell’ambiente, in condizioni simili a quelle del microambiente gastro-intestinale (2 h a pH=2, 37°C, assenza di luce, presenza e assenza di flora batterica intestinale). In esperimenti di 3-4 giorni, sono stati determinati i tassi di crescita, la concentrazione di MC intra ed extracellulare e la presenza del gene mcyB per la produzione delle MC. I risultati ottenuti dimostrano che la specie studiata può crescere nelle condizioni testate, senza perdere il proprio potenziale tossico. Infatti, i tassi di crescita delle colture axeniche al buio a 37°C rientrano nello stesso range determinato per le culture nelle condizioni standard di crescita (24°C, luce:buio=15:9) (0.23-0.36 d-1, pari a tempi di duplicazione di 2-3 giorni). La presenza di altri batteri enterici sembra determinare un rallentamento nella crescita, nel range 0.15-0.19 d-1, mantenendo comunque un tempo di duplicazione di circa 4 giorni, ma non influenza la produzione e la quota cellulare di MC né sembra esercitare una selezione sui genotipi in funzione della tossicità. L’esposizione al pH gastrico determina un significativo rilascio extracellulare di MC, che potrebbe rappresentare un picco espositivo, causato dall’osservata lisi cellulare di circa il 50% di cellule e/o da un rilascio attivo delle cellule. Dopo le prime due ore in acido, la quota cellulare di MC si riduce in molti casi di due ordini di grandezza, ma rimane costante per tutta la durata dell’esperimento; inoltre, non si osserva una riduzione significativa della frazione del genotipo tossico (mcyB+), che rimane sempre intorno a 0.7-1, mantenendo costante ed elevato il potenziale tossico della popolazione.